San Silverio Martire
LA VITA PRIMA DEL PONTIFICATO
Nell’anno 480 nel Lazio, nella città di Frosinone; nasceva da Ormisda e Caria di Capua: Silverio. La famiglia di Papa Silverio con molta probabilità, viveva in una discreta agiatezza e sopratutto il padre Ormisda, era un uomo di cultura. Purtroppo, Ormisda perse la moglie quando Silverio era in giovanissima età. Deluso probabilmente dalle amarezza che la vita gli aveva dato, Ormisda andò a vivere a Roma aggregandosi al clero della chiesa romana, portando con se Silverio. A Roma, la vita di Silverio ebbe come unico punto di riferimento il padre, che oramai avvicinatosi molto alla vita monastica influenzò anche il piccolo Silverio. Nel 514 quando Silverio aveva 34 anni, il padre Ormisda era diacono di Papa Simmaco e persona stimata tanto da essere citato in alcune lettere dei concili vaticani. Alla morte di Papa Simmaco, Ormisda venne eletto papa. Favorito dall’essere figlio di un Papa, Silverio oltre all’educazione cristiana, ebbe la possibilità di formarisi anche nelle lettere umane e divine. L’unico documento che ci resta delle sue capacità letterarie, scritto oltretutto in giovane età; è l’iscrizione funebre che Silverio compose per la tomba del padre. La lettera, di altissimo valore storico, fu rintracciata diversi anni fa da dall’archeologo Giovanbattista De Rossi nei poemi dell’Alcuino e narra, naturalmente in latino, le gesta del padre Sant’Ormisda spentosi il 6 agosto 523 quando Silverio aveva 43 anni.
LETTERA DI SAN SILVERIO AL PADRE
Lettera in latino
Quanvis digna tuis non sint, pater, ista sepulcris Nec titulus egeat clarificata fides,Sume tamen laudes, quas Petri captus amore,Extremo veniens hospens ab orbe legat.
Sanasti patriae laceratum shismate corpus,Restituens propriins membra revulsa locis.
Imperio devicta pio tibi Graecia cessit, Amissam laetatur multos captiva per annos,Pontifices precibus promeruisse tuis.
Haec ego Silverius, quamvis mihi dura, notavi, Ut possent tumulis fixa manere diu.
Traduzione in italiano
Sebbene, o padre, queste parole non siano eccelse,quanto il tuo sepolcro, e la fede glorificata non abbia bisogno di iscrizioni, accetta tuttavia le lodi che il pellegrino, attratto qui dall’amore di Pietro, potrà leggere, giungendovi dagli estremi confini della terra. Hai tu risanato il corpo della patria, gia lacerato dai dissidi, restituendo nelle proprie sedi i membri che erano stati avulsi. Al tuo paterno comando s’è arresa la Grecia, giubilante per aver ritrovato la sua fede perduta. L’Africa, schiava da molti anni, s’allieta d’aver meritato il ritorno dei suoi vescovi per le tue preghiere. Io stesso, Silverio, sebbene a malincuore, ho notato questi particolari, affinché sulla tua tomba restino scolpiti per sempre.
Dalla lettera si può intuire che Papa Ormisda, il cui papato durò nove anni, fu un papa sapiente ed attivo per l’epoca in cui viveva, ed ottenne riconoscimeni sia religiosi che diplomatici.
Fu quasi una conseguenza naturale, che il figlio di un Papa così santo e venerato, fosse anch’egli amato e stimato dall’ambiente. Silverio però non aveva il desiderio di far carriera a livello ecclesiastico, infatti dopo la morte del padre, occupava solo un posto come subdiacono della chiesa di Roma. La figura del padre influì sopratutto nella formazione spirituale di Silverio, infatti quest’ultimo era mosso nell’opera religiosa da una grande umiltà e dalle regole che la scuola apostolica gli aveva inculcato.
IL PONTIFICATO DI SAN SILVERIO
L’8 Giugno del 536 Silverio venne eletto Papa ed il 20 giugno dello stesso anno fu proclamato vescovo di Roma. Il pontificato di Papa Silverio, purtroppo fu breve, tormentato e impoverito da calunnie.
L’ascesa del domio Bizantino in europa, interessò in prima persona Papa Silverio, che per difendere il potere papale su Roma fu costretto, per il bene comune, ad accettare il giuramento di fedeltà ed a mercanteggiare un accordo favorevole al popolo dei Goti, comunque non bellicoso nei confronti del clero romano. L’accordo prevedeva che i romani qual’ora l’esercito bizantino fosse arrivato in italia, si sarebbero opposti oll’esercito bizantino in attesa di un esercito Gotico ben più potente che doveva discendere l’Italia dal nord. Il fine di Vitige imperatore dei Goti, era solo di rallentare e fiaccare l’ascesa dell’esercito bizantino, facendogli affrontare battaglie ed assedi lungo il percorso, qual’ora l’esercito bizantino fose arrivato da sud. L’accordo venne valutato da Papa Silverio per quello che rappresentava: un estorsione. Poco dopo l’accordo stretto con Vitige venne considerato nullo. Anche perchè il re Gotico, sapeva che i cittadini di Roma si sarebbero immolati per difendere l’autorità pontificia, se quest’ultima lo avesse chiesto. Ma probabilmente, non considerarò le capacità diplomatiche di Papa Silverio ed i suoi seguaci, e l’influenza che la religione poteva avere sui generali e sull’imperatore bizantino.
Quando Belisario entrò a Roma per l’attuale porta S. Giovanni, venne accolto da Papa Silverio e da alcuni nobili con tutti gli onori. Belisario rimase affascinato dalla persona di Papa Silverio, uomo di carità ma di ferma ideologia apostolica e di cultura, tanto che dal colloquio, scaturì un rapporto di stima da parte del generale bizantino nei confronti del pontefice. La volontà da parte del pontefice di non riconoscere altro potere se non quello di Dio, destò probabilmente nel generale bizantino non poche preoccupazioni, sopratutto dal punto di vista militare per i danni che poteva produrre un lungo assedio di Roma, perchè l’autorità che il Papa rappresentava poteva essere utilizzata per aizzare il popolo di Roma contro l’esercito bizantino chiedendo la resistenza ad oltranza. E l’arrivo dell’esercito gotico avrebbe portato l’esercito bizantino oltre che a dover affrontare un lungo assedio anche a combattere su un secondo fronte con l’esercito dei Goti. Dal colloquio che Belisario fece con Papa Silverio, emerse l’amarezza di quest’ultimo per gli avvenimenti sanguinosi che seguirono alla presa di Napoli,e la susseguente richiesta di essere più magnanimo possibile con gli sconfitti. Belisario allora, ordinò l’immediata ricostruzione di Napoli e la restaurazione delle chiese distrutte, rassicurando i napoletani fuggiti dalla città che al loro rientro non sarebbe susseguita nessuna rappresaglia punitiva.
Il pontificato di Papa Silverio proseguì tra mille difficoltà, aggravatesi sopratutto a causa dall’esercito dei Goti riorganizzatosi ed in assedio su Roma. Nonostante ciò si riuscì alla nomina di: 14 sacerdoti, 19 vescovi e 5 diaconi. Purtroppo, ben presto Papa Silverio attirò su di se le antipatie delle frange politiche più vicine alla imperatrice di Bisanzio: Teodora. Il Pontefice invitato a recarsi Bisanzio per risistemare le problematiche ecclesiastiche lasciate in sospeso dal suo predecessore Papa Agapito e che affliggevano il paese.
Questa richiesta era mossa più da un fattore politico che religioso, infatti il patriarca Menna, reggente della chiesa di Bisanzio, era poco gradito sia all’imperatrice che a politici a lei vicini, e voleva rimettere al posto del patriarca un’altro prelato già cacciato precedentemente per accuse di eresia. Papa Silverio rispose all’imperatrice con una lettera dove manifestava la sua più profonda indignazione, per una richiesta cosi assurda, come era il rinsediamento di un eretico sul posto riservato ai discepoli di Dio. Con questa lettera Papa Silverio firmò la sua condanna a morte.
Secondo gli scritti di Procopio, storico del generale Belisario, la regina Teodora scrisse subito una lettera al generale Belisario ed alla moglie, nella quale manifestava la volontà di deporre Papa Silverio, con qualsiasi mezzo, anche un semplice pretesto. Il potere conferito dal titolo di Patricius, permetteva al generale non solo di comandare militari e civili, ma gli conferiva anche il potere giudiziario e in mancanza dell’imperatore ne poteva prendeva le veci.
Belisario, uomo fiero e di principio, non era molto propenso al tradimento nei confronti di Papa Silverio, al contrario della moglie Antonina bramosa di potere, che ben presto iniziò con la sua corte a muoversi contro il Pontefice. Furono diffuse una serie di voci infamanti, a cui si fece seguire una lettera falsa di Papa Silverio ai Goti. In questa lettera falsa, veniva espressa la volontà del pontefice di tradire i romani favorendo l’entrata di Vitige in Roma di notte, consentendo l’accesso per la “porta Asinaria” nei pressi del suo palazzo in Laterano. La lettera fu portata nelle mani di Belisario, che si limitò però solo a cambiare residenza, visto che era ospite nel palazzo Papale in Laterano ed anche perchè non era possibile verificare l’autenticità della lettera stessa.
Ma il problema, fu solo rimandato.
LE ACCUSE ED IL PROCESSO
Anche se Belisario difficilmente avrebbe creduto alle accuse mosse contro Papa Silverio, dovette però, comunque procedere alla messa sotto accusa del Pontefice, spinto sopratutto dalle continue pressioni esercitate dall’imperatrice Teodora e da sua moglie Antonina.
Da alcuni scritti, risulta che quando Papa Silverio fu chiamato a colloquio dal generale, non venne subito accusato e messo di fronte alle prove infamanti che documentavano il suo tradimento. Il generale tentò di mediare, infatti chiese prima ed inutilmente, se il papa fosse stato disposto ad esaudire alle richieste gia ventilate in passato dall’imperatrice Teodora. Il tentativo di mediazione fu inutile, poiché la risposta del Pontefice fu la stessa, nessuno poteva anteporsi al volere di Dio. L’unica difesa anteposta dal Papa alle accuse di Belisario, fu la protesta ferma e decisa, nonché l’impegno a trasferirsi lui ed i suoi seguaci presso la Chiesa di S. Sabina Sull’Aventino, donde destare qualsiasi tipo di preoccupazione al generale Bizantino, constatando; che quest’ultima era ben lontana da qualsiasi punto di accesso alla città.
Tutto ciò non bastò a fermare il processo oramai in corso nei confronti del Pontefice. Si susseguirono le udienze, con l’assicurazione che mai sarebbe stato fatto del male al Pontefice, ma erano soltanto un paravento atto a dare un aspetto legale alla vicenda. In quel periodo si processavano sommariamente anche nobili e senatori, che avevano solo osato dare opinioni avverse al potere Bizantino. Il giuramento che Belisario aveva con il Papa, purtroppo non bastò ad assicurargli l’incolumità. Anche nella seconda udienza gli vennero lanciate le stesse accuse, ma si cercò comunque la mediazione, che sarebbe stata più soddisfacente sotto il profilo strettamente legale. Il parere fermo del Pontefice su come condurre la vicenda, era oramai chiaro anche ad i suoi accusatori. Probabilmente proprio dopo questo secondo incontro, Belisario meditò, anche per non perdere di potere e credibilità con i suoi seguaci, una soluzione drastica. Chiamato alla terza udienza il Pontefice fu interrogato ancora una volta, ma purtroppo l’epilogo fu diverso. Papa Silverio non usci più dal palazzo di Belisario come un uomo libero. Venne deposto con l’accusa di tradimento, condannato all’esilio e pochi giorni dopo sostituito con il cosidetto “Antipapa” Virgilio, imposto all’attenzione pubblica, dopo aver fallito per ben 3 volte il tentativo di farsi eleggere Papa.
Virgilio fu imposto, perchè quello che aveva fatto Belisario era impensabile. Il Papa poteva essere deposto dal suo potere spirituale solo da una conclave apostolica, con motivi molto gravi: manifesta follia, eresia ecc. Quindi la soluzione era mettere al posto di Papa Silverio un prelato con poteri forti come Virgilio, in modo da giustificare la proclamazione come papa da Belisario e dalla sua corte. Mentre da altri prelati visto che Papa Silverio era ancora in vita, venne considerato diplomaticamente: vicario del Papa, soddisfacendo le esigenze di tutti.
L’ESILIO E L’ASSASSINIO
L’esilio di Papa Silverio, inizia con l’imbarco su una nave alla foce del Tevere più o meno nei pressi dell’attuale Ostia. Proseguirà costeggiando tutto il Tirreno, il mare di Sicilia e lo Ionio, per fermarsi a Pàtara in Licia città natale di San Nicola di Bari. Li venne accolto dal vescovo della città, che si fece carico non senza pericoli, di portare la parola del deposto Pontefice presso la corte Bizantina. Purtroppo il colloquio con Giustiniano fu infruttuoso, infatti dai documenti arrivati ai giorni nostri, l’imperatore Bizantino negò di sapere della vicenda e di non avere nessun coinvolgimento. Le continue insistenze del vescovo, spinsero Giustiniano ad approfondire la vicenda. Dagli elementi acquisiti, probabilmente l’imperatore non riuscì ad avere un quadro ben chiaro, perché con un decreto da lui firmato impose al generale Belisario di rivedere il processo. Inoltre nel decreto veniva specificato che: le lettere incriminanti dovevano essere riesaminate e se risultavano false, il Pontefice doveva tornare immediatamente al suo posto. Al contrario, se fossero risultate vere, Papa Silverio doveva essere destituito e nominato vescovo di una curia a sua scelta, che naturalmente non doveva essere nelle prossimità Roma.
Dopo poco più di un mese in oriente, il Pontefice venne imbarcato su una nave che da Pàtara l’avrebbe dovuto riportare a Roma, almeno questi erano gli ordini. La nave in sosta a Napoli, venne raggiunta da una delegazione inviata da Papa Virgilio con il permesso del generale Belisario. La delegazione, aveva il compito di prendere in custodia cautelare Papa Silverio e di portarlo all’isola di Ponza, dove sarebbe rimasto, in attesa della riesamina del processo.
San Silverio giunse a Ponza nei primi giorni di giugno del 537 e sbarcato senza che nessuno sapesse chi fosse quest’uomo, trovo ospitalità presso il convento benedettino dedicato a S. Maria. E’ da considerare che in quel periodo, San Silverio doveva avere all’incirca 60 anni, che non sono pochi per l’epoca. Già con molte probabilità, sofferente di diverse patologie normali per l’epoca, il clima umido e la vita spartana che si faceva sull’isola, non favorì il suo soggiorno. Il 21 novembre del 537 dopo pochi mesi sull’isola Papa Silverio si spense. La morte del Pontefice, come rilevato in alcuni scritti (Storia Arcana) di Procopio (Storico di guerra del generale Belisario), fu violenta e non dovuta alle condizioni ambientali. Papa Silverio fu ucciso, poiché anche se le sue condizioni fisiche con un prolungarsi del soggiorno isolano, lo avrebbero portato ben presto alla morte, era meglio affrettare i tempi. Il motivo della freetta probabilmente fu che alcuni vescovi a lui fedeli, non solo stavano preparando la difesa nella revisione del processo, ma si opponevano all’autorità di Virgilio con un forte ostruzionismo. Ed avevano manifestato più volte anche per iscritto, la volontà una volta ritornato Papa Silverio; che quest’ultimo emanasse un decreto di scomunica nei confronti dell’antipapa Virgilio. Questo provvedimento, avrebbe potuto avere conseguenze catastrofiche. La preoccupazione di uno scisma nella chiesa e sopratutto, la paura di insurrezioni interne alle mura di Roma; portò al complotto clerico-bizantino che si concluse con l’assassinio del Pontefice ad opera (Sempre secondo Procopio) di un certo Eugenio che fu l’artefice materiale del delitto. Secondo precisi riferimenti storici, le spoglie di San Silverio vennero tumulate nella chiesa benedettina di S. Maria, posto solitario per l’epoca ed a molti sconosciuto. Tutto ciò, per evitare, che venissero portate in vaticano ed esaminate, ma sopratutto che l’ubicazione della sua tomba fosse resa pubblica e quindi luogo di pellegrinaggi ed eventuale simbolo di scisma della Chiesa e sopratutto della città di Roma.
CONCLUSIONI E DOMANDE
A prescindere di come si siano svolti i fatti, e la veridicità delle fonti bibliografiche trattate ed i nomi esposti, che potrebbero essere fonte di discussione infinita; dal quadro della situazione si può evincere, che l’allora chiesa di Roma, non era nient’altro che una succursale della chiesa di Bisanzio. La chiesa di Bisanzio totalmente assoggettata al potere temporale, era più che altro un simbolo della potenza dell’impero d’oriente e come tale veniva trattato ed usato. Che l’assassinio di Papa Silverio sia stato più o meno voluto è lampante. E’ impensabile infatti, solo l’idea di mandare un uomo ammalato su un isola come era allora Ponza, dove erano difficili le condizioni di vita per chi ci viveva in gioventù, figurarsi poi per un uomo già allo stremo delle forze. E’ vero che fu assassinato, ma la morte sarebbe comunque giunta per gli stenti e per la durezza della vita isolana sono solo stati affrettati i tempi a sostegno dell’ipotesi dell’omicidio di stato. Che poi sia stata l’imperatrice Teodora a tramare il tutto, viene riportato da antichi manoscritti, la cui veridicità pero, viene confermata solo in grandi linee dal susseguirsi degli eventi storici ed è impossibile quindi definire la veridicità dei particolari, che anche se scritti non e detto che riportino la verità.
DOVE E’ SEPOLTO SAN SILVERIO
L’ubicazione del sepolcro di S. Silverio è da anni oggetto di studio, poiché la documentazione storica esistente, é poca e frammentaria. Di sicuro, si sa che subito dopo la morte, le spoglie del Santo furono affidate ai Benedettini che le tumularono nel monastero dedicato a S. Maria sull’isola. Il ragionevole dubbio che le spoglie non siano mai state portate in vaticano come per tutti gli altri papi, è avallato dal fatto che il nome di Papa Silverio non figura nell’elenco dei papi sepolti in S. Pietro. Non vi sono nemmeno documenti che possano confermare l’avvenuta traslazione, dal sepolcro originale a quello eventuale in S. Pietro.
Secondo alcuni autori dell’Acta Sanctorum (Opera ciclopica che elenca i santi della chiesa cattolica ), la lapide del santo almeno fino ai primi del 1600, era ben visibile. Nello scritto, si afferma infatti, che sulla lapide del santo presso, cui si recavano ammalati ed infermi, si leggeva quanto segue:
“Romae supremus apex Silverium aedis ossa sub hoc retinet mortuus extraneo”
Sommo Pontefice della Romana sede, morto, tiene le sue ossa sotto questo marmo straniero.
Queste affermazione e questa frase, nonostante la fonte fosse attendibile, non hanno mai avuto un riscontro reale, dovuta al fatto che nessuno avesse saputo descrivere dove fosse ubicata la tomba. Se fosse così si avvalorerebbe anche l’ipotesi di Daniel Papebroch, anch’egli facente parte degli autori dell’Acta Sanctorum . Infatti il Papebroch afferma che le reliquie del santo non sono mai state traslate dall’isola. Se queste ipotesi dovessero risultare esatte, le spoglie del Santo potrebbero essere andate definitivamente perse. Lo scempio, commesso prima dai pirati siriani nell’813, dai coloni poi ed in ultimi analisi dalla moderna aggressione edilizia, potrebbero aver causato un danno irreparabile. Le spoglie del Santo, potrebbero essere state prese dai pirati e quindi bruciate o gettate in mare, poiché da alcuni documenti storici, risulta che le chiese dell’isola vennero rase al suolo. Potrebbero però, ipotesi molto probabile, ed ancor più agghiacciante per l’epoca in cui sono avvenuti i fatti; essere state sommerse dal cemento o gettate chissà dove, come resti di lavori di scavo, dai più o meno moderni coloni dell’isola, non troppo attenti ai beni archeologici.
Altra ipotesi interessante è quella fornita da alcuni studiosi del Santo. Molti affermano che le spoglie di San Silverio potrebbero essere state portate via anche dai monaci in fuga. Se l’ipotesi dovesse risultare fondata, le spoglie del santo si potrebbero trovare in uno dei tanti monasteri fondati dai monaci fugiaschi, tumulati in una tomba sotto nome generico per proteggerli da eventuali profanazioni. Il problema è, dove cercare? E se anche si riuscissero a rintracciare i movimenti di tutti i monaci, il problema rimane, perchè molti di essi si stanziarono lungo la costa, e furono soggetti ancora ad attacchi e depredazioni da parte dei pirati, e nulla avrebbe impedito di fare scempio delle spoglie del Santo.
In una ricerca storica risultò che nell’anno 817, Papa Pasquale I° ristrutturò quasi nella totalità la Basilica di S. Prassede in Roma, dove vi collocò le spoglie di numerosi martiri. Da ulteriori e più approfonditi studi, si scoprì che quelle tombe vennero usate per accogliere i resti di quei martiri le cui tombe erano state saccheggiate o che comunque erano in condizioni di completo abbandono. Studiando gli scritti sulle lapidi, si scoprì che i nomi di alcuni martiri, qui seppelliti, provenivano dai cimitero Ponziani. Tra di essi fu trovato il nome di “Candidae”, e cioè l’attuale Santa candida patrona di Ventotene. Questo ritrovamento provava che Papa Pasquale estese l’opera di traslazione dei santi anche nelle isole Ponziane. Purtroppo la ricerca a San Prassede non portò a nient’altro, anche perché con molte probabilità S. Silverio era stato tumulato tra i santi che in vita rivestivano importanti cariche ecclesiastiche. La ricerca continuò, perché anche dei resti della patrona di Ventotene non si sapeva più nulla. Purtroppo le uniche notizie incoraggianti, si limitano al fatto che nella stessa basilica vi sono sepolte le spoglie di ben 12 papi. Su queste lapidi però non vi è nessun nome, e questo fa pensare che fossero riservate a coloro che ancora non avevano una posizione ben chiara nella storia apostolica. San Silverio, negli antichi archivi custoditi in S. Maria Maggiore, viene considerato addirittura come Antipapa. Solo negli anni precedenti all’istituzione della festa e cioè più di 10 secoli dopo la sua morte, ne fu chiarita la posizione definitivamente, quindi una sua sepoltura in quelle tombe senza nome non è da escludere.
Solo nel 2006 dopo una ricerca commissionata dallo scrittore ponzese Ernesto Prudente ad un amico che collaborava con lui, nel reperire materiale per gli stessi via internet; sono uscite novità tutte da verificare. Proprio per la stesura del libro “Silverio, un nome per il mondo” sono uscite in una teca custodita in spagna in una piccola località chiamata Villavaido delle presunte reliquie ma tutto rimane ancora da verificare, e dopo la morte dello scrittore probabilmente nessuno lo verificherà mai.
COSA HANNO IN COMUNE SAN SILVERIO E L’ISOLA DI PALMAROLA?
Non se ne sa bene il motivo, ma per anni nell’immaginario collettivo, l’esilio di San Silverio era stato identificato nell’isola di Palmarola. Il dubbio è stato creato negli anni, sopratutto dall’ignoranza di molti che consideravano come isole palmarie, Palmarola e gli scogli limitrofi e dalla presenza delle rovine di un piccolo monastero, che oramai sono visibili solo se si sa dove ceecarle perchè completamente rase al suolo. Nei documenti storici arrivati ai nostri giorni, si parla, per l’esilio di San Silverio, della maggiore delle “isole palmarie ” e non di Palmarola. Le isole palmarie erano rappresentate da tutto l’arcipelago e non dalla sola isola di Palmarola, e la maggiore delle isole è Ponza. Inoltre il convento dedicato a Santa Maria dove venne ospitato il santo, si trovava a Ponza, e per esattezza nella frazione che oggi si chiama appunto Santa Maria dove era ubicato l’omonimo convento. A tutt’oggi, si può dire con sicurezza che il santo non mise mai piede sull’isola di Palmarola, ed il suo esilio ponziano si limitò alla maggiore delle isole, cioè Ponza.
Ultimo aggiornamento
23 Luglio 2024, 13:48